Girovaghiamo per il sito, abbagliati anche dal colore azzurro pervinca del lago, e osserviamo, fra questi blocchi funerari quello con la famosa lucertola, simbolo della vita per le capacità rigeneratrici della coda. Ci fermiamo in prossimità del lago per ammirare lama e alpaca che non sembrano infastiditi dalla nostra presenza e dalle macchine fotografiche, in cielo ci sono dei gabbiani: fa un certo effetto osservare questi uccelli in un habitat ad alta quota.Nel pomeriggio visitiamo una modesta casa contadina Aymara le cui tradizioni sono rimaste più integre: sono molto ospitali e sembrano molto più felici e sereni di noi. Quella sera dormiamo in un hotel situato sul lago Titicaca, un grande lapislazzuli tra i picchi della lontana Cordigliera, dimora degli Apu ai quali ancora oggi vengono dedicati riti ancestrali.
VII giorno
Partiamo in moto barca dal molo del nostro hotel per un’escursione sul lago Titicaca. Questo lago, situato a ben 3800 m. sopra il livello del mare, è il lago navigabile più alto del mondo: le sue rive e le sue isole ospitano i diretti discendenti degli Aymara e dei Quechua. E’ il lago sacro con le due isole del Sole e della Luna che rappresentano i luoghi della creazione dove gli spiriti Incas ritornano dopo la morte. In questi luoghi vigono ancora le tre regole d’oro dell’impero del Sole: non rubare, non essere ozioso, non mentire.
Il mondo moderno con la sua globalizzazione non è riuscito, fortunatamente, ancora a distruggere l’identità di questi popoli. Visitiamo una delle isole fluttuanti degli Uros, una tribù che precedette la civiltà degli Incas. Queste isole sono fatte di totora che cresce in abbondanza nel lago e abbiamo la piacevole sensazione di camminare su un letto di acqua; su queste piattaforme, dove periodicamente viene sovrapposto altro giunco per rigenerare lo strato superficiale, ci sono le abitazioni fatte anch’esse di totora. Gli Uros che vivono prevalentemente di pesca e di turismo sono molto socievoli e accoglienti: ci fanno entrare nelle loro abitazioni e ci fanno indossare i loro abiti tradizionali e riescono a venderci, con estrema facilità, i loro coloratissimi tappetini e vari oggetti fatti con la totora. Facciamo un giro su una delle loro suggestive canoe dove una bimba con un coloratissimo copricapo ci culla con i suoi canti e ci trasporta inconsapevolmente nel suo mondo che, per certi aspetti, invidiamo. Ora che scrivo guardo il tappeto rosso sopra la scrivania e sogno, ad occhi aperti, quell’isola incantata e rivedo quelle donne con le ampie gonne e quel cappello in testa a mo’ di bombetta: avranno, come si racconta, il sangue nero immune al freddo? Dopo tre ore di navigazione raggiungiamo l’isola di Taquile. Per raggiungere la comunità quechua facciamo un ripido percorso a piedi che ci consente molto lentamente di arrivare a 4200 metri di altitudine dopo oltre quaranta minuti. C’è una festa in piazza, in abiti tradizionali, veramente spettacolari: le donne, in particolare, hanno delle gonne ampie a diversi strati. Ballano per ore al ritmo di quenas, tamburi e zampogne, bevono birra, alcool puro nei tappi delle bottiglie e consumano foglie di coca; la terra è rossa e la luce del sole rende più intenso il colore azzurro del lago. Assaporiamo, seduti sui gradini della piazza, quest’atmosfera lenta e ancestrale e solo, dopo aver pranzato, in una locale abitazione e ammirato i tipici lavori al telaio e ai ferri scendiamo, ancora molto lentamente, sul lago tra i meravigliosi paesaggi.
VIII giorno
In mattinata partiamo per il Canyon del Colca, uno dei più profondi del mondo, situato su una spettacolare valle andina detta “la valle del fuoco” per la presenza di vulcani, alcuni dei quali attivi. E’ tutta opera del Rio che ha tagliato le rocce vulcaniche formando questa valle nella cui profondità si creano delle situazioni climatiche particolari che generano correnti ascensionali tanto amate dai condor.